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Stagione teatrale
MAGAZZINI DEL SALE
Via del Santo 67 Messina

Orario spettacoli
sabato 21,00
domenica 18,30

biglietto unico € 12,00
info e prenotazioni 339 5035152
abbonamento 11 spettacoli € 120,00
abbonamento 6 spettacoli € 60,00

informazioni e prenotazioni 339 5035152

Spettacoli in doppia replica
29/30 ottobre
una produzione Teatro Metastasio di Prato
UN GIORNO QUASI PERFETTO
uno spettacolo di Michelangelo Maria Zanghí
scritto da Antonino Anelli e Michelangelo Maria Zanghí
con Francesco Natoli
scena e costumi Cleopatra Cortese

Questo spettacolo racconta una storia. Una storia che parla di ognuno di noi, perché racconta del rapporto più antico e viscerale che possa esistere: quello tra genitori e figli. Per Marika, la protagonista, questo rapporto è tutt’altro che semplice, avendo abbandonato il paesino natale della
provincia siciliana, per trasferirsi nella Milano “da bere” con la speranza di poter vivere liberamente la propria identità di genere; Marika, infatti, è nato uomo ma non ha mai accettato il suo corpo “difettoso”: lei è donna contro tutti e tutto e se gli altri si limitano a schernirla o, al massimo, ad approfittare di squallide prestazioni sessuali, i suoi genitori l’hanno isolata e abbandonata. Ma succede qualcosa che ribalta il corso delle cose e
Marika, dopo anni di solitudine, ha, suo malgrado, la possibilità di recuperare il rapporto col padre. In un crescendo di malinconia e umorismo si arriva al finale che svela le mancanze e le aspettative (attese e disattese) che tutti noi, sia genitori che figli, viviamo quotidianamente, probabilmente da tutta la vita.

5/6 novembre
Piccolo Centro di Produzione Artistica CASA VALLE STURARA e VIA ROSSE
L’INCREDIBILE VITA DI SOPHIE SCHÖNER
di e con Sabine Uitz

Sentite l’incredibile storia di Sophie Schöner. Credetela o no…
Sophie è uno dei pochi rappresentanti di un piccolo gruppo sparso in tutto il mondo: homo sapiens sapiensimmortalis.
Lei – non per caso – può essere considerata una grandissima scienziata, anche se non ha mai ricevuto il premio Nobel che certamente avrebbe meritato.
Sarà la prima volta che Sophie presenterà le sue scoperte in pubblico. Non sarà facile per lei, perché ha un carattere piuttosto solitario e non è abituata a esibirsi. Fortunatamente però ha avuto molto tempo a disposizione da poter elaborare una sua personale relazione.
Possiamo dire che l’amore per la sua vita da immortale, le ha dato il coraggio di svelare fatti che l’hanno fatta diventare quella che è oggi: quasi una Dea!
Sophie Schöner rivela la sua vita facendo una sorta di ”outing”. È un’immortale che porta gli spettatori all’interno del corpo umano, nel mondo della sua ricerca sulle meduse, e al suo passato in Germania.
Lo spettacolo riprende il mito dell’immortalità e porta il desiderio della “lunga vita”, presente da sempre in tutti i tempi e in tutte le culture, a un livello attuale.
E’ un argomento delicato parlare delle paure che vivono dentro di noi, soprattutto in un periodo come questo. Ma l’ironia permetterà allo spettatore di farsi guidare dentro il mondo di Sophie Schöner, riconoscendosi e confrontandosi con un tema che abbraccia tante questioni: la paura dell’uomo davanti alla morte, la ricerca del senso della vita, il desiderio dell’uomo di voler trasformare la realtà.
Con questo spettacolo Sabine Uitz vuole riflettere e far riflettere il pubblico – anche se in un modo piuttosto leggero – su cosa siamo noi esseri umani e cosa significa veramente vivere.

19/20  novembre
Teatro Primo
DORA IN AVANTI
di Domenico Loddo
con Silvana Luppino
regia Christian Maria Parisi

La vicenda si svolge nell’immaginario cortile dei ricordi d’infanzia della protagonista. Dora, in questo monologo “patafisico e interattivo”, racconta di sé per parlare del mondo, in un’altalena emotiva che va avanti e indietro nel tempo e con quella si aiuta a tornare nel suo passato, proprio nel punto preciso in cui il suo mondo è precipitato. La sua inerzia sacrale nasce li, da una spinta mancata, che in qualche modo l’ha sconfitta e l’ha arresa, costringendola in una specie di eterno fermo immagine: lo sguardo di bambina perso in tutto quel futuro che non sarebbe poi stata capace di viversi. In scena oltre all’altalena, un baule ed una scultura bucolica in stile ShadowArt, pochi elementi che non arredano la storia, piuttosto ne chiarificano le traiettorie drammaturgiche.
Questo testo è un gioco. Al centro di questo gorgo troviamo lei, Dora Kieslowsky, che è la protagonista di questa storia, ma ne è anche l’antagonista, come pure, ad un certo punto, ne diventa persino drammaturga e regista. Dora sta ferma, perché e la cosa che più le riesce meglio. Dora sta ferma eppure va avanti e indietro con la sua altalena, va avanti e indietro nel suo racconto. Forse non sa neppure cosa dire, ma lo dice bene. Usa una canzone come macchina del tempo, e con quella si aiuta a tornare nel passato, nel suo passato, proprio nel punto preciso in cui il suo mondo è precipitato. La sua inerzia sacrale nasce li, da una spinta mancata, che in qualche modo l’ha sconfitta e l’ha arresa, costringendo la sua esistenza in una specie di eterno fermo immagine. Ed è ancora li, la nostra piccola Dora. Ferma. Lo sguardo di bambina perso in tutto quel futuro che non sarebbe poi stata capace di viversi. Dora ha fallito come figlia, come moglie, come madre. Dora non è altro che uno specchio: è la cartina di tornasole delle nostre sconfitte, la somma di tutti i nostri fallimenti. Perché dietro la dolorosa finzione della sua esistenza c’è una cosa che ci riguarda tutti da vicino: la vita vera.
Dora, in questo monologo teatrale “patafisico” e “interattivo”, racconta di sé per parlare del mondo, in una altalena emotiva che va avanti e indietro nel tempo, sospesa com’ è tra passato e presente.
E proprio l’altalena è l’elemento centrale di questa messinscena.L’attrice dunque, che guida il pubblico nella dislocazione degli eventi e nel ricordo dei personaggi che li caratterizzano; in linea con questa idea di regia, il percorso narrativo dettato dalle luci e dalle proiezioni che accompagnano il viaggio immaginario di Dora nel “suo” spazio-tempo. In un’ora di spettacolo succedono così tante cose che a un certo punto ti sembra di conoscerla da sempre, quella donna un po’ pazza e un po’ disperata, perché in certi punti sembra che parli di te, che sveli quel tuo segreto mondo doloroso che ti porti dentro, al quale tu non daresti mai voce perché già ti fa male il solo pensarlo. Dora lo pronuncia in scena, tutto quel dolore, sconfitta eppure ancora piena di dignità, e forse pronunciandolo non salva solo se stessa, ma anche ognuno di noi.

10/11 dicembre
Teatro dell’Elce
ERCOLE E LE STALLE DI AUGIA
di Friedrich Dürrenmatt
adattamento e regia Marco Di Costanzo
con Stefano Parigi
in collaborazione con Dipartimento di Musica e Nuove Tecnologie del Conservatorio di Musica di

Un eroe pieno di debiti e in crisi di motivazione per il suo mestiere.
Il suo segretario, maltrattato e mal pagato, costretto a pubblicarne le imprese mitiche su riviste da parrucchiere per sbarcare il lunario.
La sua compagna, tanto leggiadra e raffinata quanto ignara della drammatica situazione finanziaria.
Un paese lontano ricoperto di letame e il suo parlamento, che offre un lauto onorario a chi saprà ripulirlo.
Ercole e le Stalle di Augia pone a confronto gli alti ideali con la quotidianità gretta,
l’eroismo con i debiti, la poesia con la propaganda, l’anelito a spiccare il volo con l’inerzia, dell’immenso, pesante, inamovibile strato di letame.
Un gioco teatrale esplosivo e immaginifico, un passaggio fulmineo e ininterrotto tra azione e narrazione, un universo di personaggi e situazioni che, evocate nello spazio vuoto, danno vita a un concerto visivo per attore e ombrello.

Attraverso un’ironia dissacrante ed esasperata, Ercole e le stalle di Augia trova nella parodia di una vicenda mitologica l’occasione per riflettere e ironizzare sulla ineluttabile disfatta del mondo contemporaneo. L’analisi delle contraddizioni e dei conflitti sociali si esprime in una chiave farsesca e grottesca di tragica spietatezza, che tende a dilatarsi alla condizione esistenziale dell’intera umanità: una condizione segnata dal caso e oppressa dal Male, in cui ogni gesto e tentativo di ribellione è destinato al fallimento.
Da un lato il testo, scritto in origine per la radio, riflette in modo mirabile il disorientamento e la sfiducia nelle sorti del nostro tempo, dall’altro il linguaggio scenico adottato dialetticamente da Marco Di Costanzo scommette senza riserve sull’elemento umano: l’attore. Un solo attore, nello spazio vuoto, lotta eroicamente con un dramma che si sposta senza soluzione di continuità da Tebe a Elis, da rupi deserte a un’aula di parlamento, con dialoghi, dibattiti politici, un circo, scene di massa e peripezie avventurose.
Lo spettacolo porta alle estreme conseguenze l’uso polisemico di pochi, semplici oggetti e di una geometria allusiva, che consente di trasformare lo spazio grazie alla complicità dell’immaginazione dello spettatore.

17/18 dicembre
Teatro dei Naviganti
UN MENU STRAORDINARIO
con Orazio Beranato e Chiara Trimarchi
regia Stafania Pecora

Tra cielo e terra, tra una natura viva, accudita e una natura depredata, violentata: forse una regina e il suo ministro e la loro “ora di svago” a sanare quell’irriducibile stridore dell’esistenza. In un tempo ciclico i due mettono in scena la macchina perfetta del nulla, della non-concretezza, della non-messa in opera. Su un’altalena che stenta a giungere all’apice del suo volo si ricerca una verosimiglianza che non soddisfa mai il piacere e una credibilità che fatica a costruirsi sotto il peso della noia, e ogni atto già al suo divenire si sgretola nell’oblio. Il conflitto tra “ciò che avrebbe potuto essere” e la voglia di “ciò che ancora potrebbe essere” mette in gioco la regina e il suo ministro, l’illusione e la voglia. È l’innesco della vertigine. Il tempo che prima sembrava eterno e immutabile ricomincia a fluire: la forza vitale si mette in moto, la linfa sale, l’occhio allarga la sua prospettiva ed è in questa riconquista che si intravvede la testimonianza da lasciare in eredità al mondo; ma in alto continua a dondolare una pianta, Figlina, la Natura, un eterno memento.

20/21/22 gennaio
Teatro dei Naviganti
UNA STORIA DI BAFFI
con Domenico Cucinotta e Mariapia Rizzo
regia Domenico Cucinotta

Un uomo decide, dopo averli portati per tutta la vita, di radersi baffi, correndo così il rischio di cambiare in modo significativo il proprio aspetto consueto e familiare ad i suoi affetti. Trepidante, è in attesa della reazione della amata moglie, degli amici, dei colleghi. Ma la reazione non arriva. Anzi, nessuno sembra ricordare che egli abbia mai avuto dei baffi, perciò nessuno nota il cambiamento, che pure l’uomo aveva considerato epocale ed al quale, forse inconsciamente, affidava la prima pagina di un nuovo capitolo di se’. Il mancato riconoscimento di questo cambiamento genera una catena di tensioni, malumori e sospetti che, innescando la trama, precipitano verso un finale sorprendente.
Nella vita di una tranquilla e ben affiatata coppia si insinua dunque, a causa di un piccolo dettaglio, l’ombra di un equivoco. Il sospetto di uno scherzo crudele mina il sereno scorrere della quotidianità.
Eppure non si tratta di un equivoco ne’ tanto meno di uno scherzo. Il veleno che si insinua tra le crepe di un quieto esistere è qualcosa di più infido: è un guasto, un orribile guasto che distorce irrimediabilmente la visione di se’ stessi e dell’altro. E non solo. Ogni dettaglio dell’esistenza sfuma i propri contorni, si intride di dubbio, ogni cosa è possibile ed al contempo non lo è. Gli affetti più cari potrebbero essere il nemico.
E tutto per un solo, piccolo dettaglio che sposta la bilancia del reale e sfalda le fondamenta su cui abbiamo costruito la nostra esistenza per precipitarci nell’incertezza: le sicurezze si ribaltano, sfuggendoci come la sabbia da un settore all’altro della clessidra e noi stessi sembriamo sgretolarci mentre tutto il nostro mondo diventa sfocato e nulla più ci appartiene se non la sensazione che quando un ingranaggio si guasta nulla potrà più tornare come prima.

28/29 gennaio
IL RITORNO
liberamente ispirato al romanzo “Tutto scorre” di V. Grossman
di e con Irene Muscarà

E’ il 1953, muore Stalin. Dopo tre decenni Ivan Grigor’evich torna dai lager siberiani. Ivan si reca dapprima a Mosca dal cugino, poi a Leningrado. Incontra vecchi conoscenti, scopre che la donna amata in gioventù non è morta come lui aveva immaginato. La sorte sembra sorridergli nuovamente grazie all’incontro con Anna. Il suo viaggio si conclude sulle coste del Mar Nero, dove un tempo si trovava l’abitazione paterna. Tornato in libertà, Ivan riflette sulla vita nei campi di concentramento, sulla condizione umana, sul valore irriducibile di ogni individuo. Tutto attorno a lui è cambiato, solo una cosa sembra essere rimasta immutata…

18/19 febbraio
Compagnia Avamposto Numero Zero
VITO CARNALE
Atto unico di e con Egidio Carbone Lucifero

Vito Carnale è un uomo insolente, aspro. Patetico. Combina le parti del suo sé scisso, in modo imprevedibile, sfrontato, e racconta contesti, luoghi, aneddoti, eventi, persone, personaggi con inclemenza, rudezza. Ironia. Una pluralità felicemente dissennata. Vito Carnale è l’essenza spietata e sovversiva della vita che racconta e uccide sé stessa.

marzo
Teatro dei Naviganti
TEMPORANEA DIMORA
con Orazio Berenato, Stefania Pecora, Chiara Trimarchi-
regia Stefania Pecora

25/26 marzo
collettivo I.T.A.C.A.
ION
scritto e diretto da Dino Lopardo
da un’idea di Andrea Tosi
con Alfredo Tortorelli, Lorenzo Garufo e Iole Franco

“Cosa accade quando un essere umano viene lasciato solo a marcire in silenzio dalla propria famiglia?” Da questa premessa, il d r a m m a t u r g o D i n o Lopardo, partendo da una storia realmente accaduta, ha elaborato un testo inedito a n c h e g r a z i e a l l e sollecitazioni che gli attori stessi hanno fornito durante i giorni di lavorazione dedicati alle improvvisazioni. Ne è scaturita una storia nuova, diversa dall’idea iniziale, con un racconto drammaturgico generato su più spunti di riflessione: il concetto del “Diverso”, il disadattamento, il pregiudizio sociale. Pochi colori in scena e pochi oggetti per raccontare lo spaccato di vita dei due fratelli Giovanni e Paolo, i quali sono divisi e segnati da un passato che li ha condizionati profondamente. Le loro giornate “grigie” trascorrono tra litigi e sorrisi che inevitabilmente li fanno ritornare in maniera ossessiva al loro passato, ai loro sfocati ricordi di bambini, alla presenza soffocante di un padre e alla colpa grave di uno dei due. Tale colpa forse è origine e causa di una famiglia in disfacimento e ciò ne determinerà inevitabilmente il loro destino. Le parole e i gesti vivono all’interno di una cornice che è casa, lavoro, strada, finanche il cimitero ma non è fino in fondo nessuno di questi luoghi.

 

29/30 aprile
Compagnia Perle di vetro
4di100
tra le macerie di M.G. professione scrittore
liberamente ispirato a Centurie di G. Manganelli
scritto e diretto da Dario Blandina e Leonardo Mercadante
con Gabriella Cacia, Elvira Ghirlanda, Mariapia Rizzo

GIUSTO UN SABATO
Spettacolo e Degustazione
Inizio serata ore 21,00
Ingresso unico € 16,00
Info e prenotazioni 339 5035152

22 ottobre
Compagnia Perle di Vetro
Il MAESTRO E BACCHISIO
di Leonardo Mercadante
con Santi Lembo e Davide Colnaghi
regia Casablanca, Colnaghi, Mercadante

Lo spettacolo affronta in chiave satirica il tema della ricerca spirituale ed esistenziale. Bacchisio è un ragazzo che vuole andare oltre l’effimero e squarciare il velo di Maya. L’incontro con un maestro zen ben poco ortodosso lo porterà sotto il tempio della ficarazza dove finalmente trovare la saggiAzza… ma anche no. Nati da un autore più confuso che persuaso, il Maestro e Bacchisio compiranno un viaggio tra spirito e materia nel maldestro, sconclusionato tentativo di rispondere alle domande che attanagliano l’umanità.

3 dicembre
MezzARIA teatro
DECADENZE
di  S.Berkoff
con Francesco Bernava e Alice Sgroi
regia Giovanni Arezzo

Siamo nell’immenso open space di un attico lussuoso. Qui vive Helen, ed è appena entrato in casa Steve. Steve è sposato con Sybil, ma è con Helen che va a letto e con cui ha una relazione. Stasera, proprio stasera, Sybil ha mandato Les, il suo amante, a pedinare Steve, suo marito, per smascherarne finalmente e senza dubbi la fedifraga. Ora, Les è sotto casa di Helen. C’è, un classico intreccio di tradimenti alla base della trama di “Decadenze”, capolavoro scritto del drammaturgo inglese Steven Berkoff nel 1981 Ma le corna che sbucano dalle teste di tutti i personaggi della storia, sono soltanto un espediente, la base narrativa su cui costruire un’analisi spietata, senza scampo, credule e spaventosamente credibile, di cosa può e sa essere oggi l’essere umano, di quello che sono diventati i rapporti tra le anime, le relazioni tra le teste le polifonie dei cuori, di che cosa sta diventando, o è diventato già? il mondo. I personaggi di “Decadenze” sono personaggi pieni, parossistici, eccessivi, in tutto: amano ln modo eccessivo, odiano in modo eccessivo, e così parlano, mangiano, scopano, fumano, bevono, soffrono, si vestono, si mentono, urlano, ridono, rischiano, dimenticano, rivendicano. Eccessivi nel desiderio, eccessivi nelle azioni, eccessivi nelle conseguenze. Eppure, così piccoli e così simili a noi, nostro malgrado. Come da consiglio dell’autore, che lo scrive nella prima pagina del testo, a interpretare i quattro personaggi di “Decadenze” saranno soltanto due attori. Nel mio caso, sono con me in questo viaggio Francesco Bernava e Alice Sgroi, che in un gioco di deliri visivi e acustici di frenesia e silenzi, spostano gli occhi dello spettatore a spiare ora Steve ed Helen e ora Les e Sybil. I versi, perché “Decadenze” è scritto in versi separati l’uno dall’altro dallo slash, con la loro identità linguistica, ricercata e mai banale, fine anche nelle volgarità e nelle bassezze, la complessità sintattica, la scansione metrica, riempiono ogni tipo di spazio, in maniera tale che ho voluto che fossero I ‘unico elemento su cui costruire questa storia. Versi così necessari, così incisivi che, che se pensati, se vissuti, se scanditi in azioni e reazioni dagli attori, diventano l’unica “scenografia” possibile. ll nostro lavoro, dopo uno studio profondo del testo di Berkoff, è stato quello di creare un immaginario comune a noi tutti, che andasse dal luogo dove si svolge l’azione a tutto ciò che riguarda la biografia dei personaggi, andando a zoommare sulle relazioni che intercorrono tra loro, sulle aspettative, sulle volontà, sulle (non) prospettive, sugli incidenti. A questo abbiamo affiancato uno studio minuzioso sul suono del verso, sulle rime, sulle assonanze, sulle pause, cercando di restituire la musicalità che senz’altro ha il testo in lingua originale. “Decadenze” parla della direzione che stiamo prendendo, tutti, a velocità folle, e senza rendercene conto. E parla anche, indirettamente e oggi più che mai, della necessità del Teatro, che è l’unico Luogo all’interno del quale possiamo riuscire a guardarci allo specchio.

4 febbraio
Teatro dei Naviganti
MIRANDOLINA E IL CAVALIERE
Ispirato a La Locandiera di C. Goldoni
Con Orazio Berenato e Mariapia Rizzo
Regia Mariapia Rizzo

A dispetto della sua data di nascita, il 1753, Mirandolina è un personaggio estremamente contemporaneo: una donna forte, indipendente, libera, volitiva. Mirandolina, la locandiera, ammirata da tutti, si lascia corteggiare con garbo senza mai cedere il suo cuore a nessuno dei suoi spasimanti. Il suo piacere, come forse quello di tutte le donne, consiste nel sentirsi centro di tante attenzioni; ma il Cavaliere di Ripafratta, il nuovo ospite della sua locanda, misogino irriducibile, non sembra pensarla come gli altri, offendendo la vanità della donna, che decide di sfidarlo con le armi della sua femminilità. Non sarà difficile per la scaltra locandiera avere ragione anche su questo uomo. Anche se la sfida potrebbe diventare pericolosa. Quello a cui assisterete è un vero e proprio duello fra i sessi, giocato ad armi impari, che, anche se si conclude con la vittoria di Mirandolina, lascia riflettere sul fatto che con i sentimenti è meglio non giocare.
Questa piece ripercorre ed intreccia tutti i momenti di dialogo tra la locandiera ed il cavaliere, esaltando il crescendo di conflitto tra i due, facendo diventare i due personaggi simbolo ciascuno del suo genere, semplificando con ironia e maestria drammaturgica l’eterno braccio di ferro tra uomo e donna, che verosimilmente si placa solo all’apparire della purezza dei sentimenti.

18 marzo
Teatro dei Naviganti
IL CANTO NOTTURNO DELLE RANE
Barbablù -variazioni sul tema
di Gabriella Cacia ed Elvira Ghirlanda

22 aprile
DICOTOMIE
Al buio le donne sono tutte uguali
Uno spettacolo scritto, diretto e interpretato da Roberta Amato e Alice Sgroi

Clara e Melania, due donne, due attrici. Si incontrano nei camerini di un teatro, per la prima prova di uno spettacolo che le vede entrambe protagoniste. Lo scontro è immediato. Sono diverse, estreme, dicotomiche. Tra una prova trucco e un cambio d’abito le due donne si scontrano, si confrontano, inevitabilmente si raccontano. Due donne agli antipodi forse, o forse più simili di quanto non sembri. DICOTOMIE racconta, attraverso l’immaginario femminile, le molteplici sfaccettature del genere umano, poiché non esiste una sola questione femminile che non riguardi l’intera umanità. Perché attraverso le dicotomie? Perché tutti i riferimenti culturali a nostra disposizione ci rimandano a una visione polarizzata del concetto di donna, senza mezze misure. Donne lontanissime, agli antipodi, portatrici di pensieri antitetici e sideralmente opposti, ma incredibilmente vicini, a volte, corrispondenti, spesso, capaci di metterci in crisi, sempre. E cosa sono le donne se non dicotomie su tacchi 12 (o anche su Converse, per restare in tema di dicotomie)? Diavolo e acquasanta, inferno e paradiso, bianco e nero, dannazione e salvezza, forza e fragilità, odio e amore. Clara e Melania, le donne che abbiamo scelto di raccontarvi sono esattamente così: schierate, in trincea, ferme nelle loro convinzioni oltre ogni ragionevole dubbio. Donne divergenti. Donne con la corazza, una corazza che pesa fino a crollare. Dentro la quale si nascondono fragilità, inadeguatezza, insicurezza, disagio. Dicotomiche ma gemelle, entrambe figlie del “male di vivere”. Dicotomie è un invito alla riflessione alleggerito da parentesi ironiche, caustiche, mordaci e arricchito da inserti performativi e musicali. Dall’idea alla messa in scena due donne dicotomiche in tutto ma in totale comunione di intenti nella necessità di voler raccontare, attraverso il bianco e il nero, quel caleidoscopio di colori che è l’universo femminile.

MAGAZZINI DI FIABE
Spettacoli per bambini e famiglie
 Inizio spettacolo ore 18,00
Ingresso unico € 7,00
Merenda dopo lo spettacolo
Info e prenotazioni 339 5035152

domenica 23 ottobre
Collettivo Progetto Antigone
PAROLE E SASSI
La storia di Antigone in un racconto-laboratorio per le nuove generazioni
Con Renata Falcone

Vogliamo raccontare la storia di Antigone alle bambine e ai bambini, perché possano conoscerla,
ricordarla e raccontarla a loro volta. Ogni bambino in quanto egregio uditore, prenderà da questa
storia quello di cui ha bisogno e ne farà ciò che vorrà e ciò che potrà.
Parole e Sassi è un Racconto-Laboratorio e ha un allestimento semplice e scarno, fatto di parole e
sassi. Si compone di due parti inscindibili e necessarie l’una all’altra: il Racconto e il
Laboratorio.
L’attrice, prima di iniziare il Racconto, fa un patto con i Bambini: se riterranno la storia
di Antigone importante, allora dovranno ri-raccontarla a più persone possibili e per questo prima di
andarsene lascerà loro le parole, cioè il copione, e i sassi usati nel Racconto.
Nel Racconto la Narratrice racconta la storia di Antigone. Tutto si compie come in un rito, attraverso
un testo accompagnato dall’uso di sassi-personaggio e una partitura gestuale fissa.
Il Laboratorio è una sorta di “seconda navigazione poetica” dove le parti s’invertono: ora è il pubblico
ad agire, a parlare, ora sono i bambini, prima egregi uditori, ad usare i sassi per raccontare come e in
che parte di loro si è rifugiato il tragico di questa grande storia. Ora è il pubblico a costruire metafore
teatrali.

domenica 13 novembre
Accademia Sarabanda
IL GATTO CON GLI STIVALI
Adattamento e regia di Gianni Fortunato Pisani
con Gianni Fortunato Emanuela Ungaro Alessio Pettinato Laura Giannone
e 8 bambini scelti tra il pubblico

Liberamente tratto dalla fiaba nella versione, più nota, di Charles Perrault questo spettacolo rientra pienamente nella struttura a noi tanto cara per le nostre proposte di teatro per ragazzi. Il Narratore, con sul leggìo il suo bel libro di fiabe, da inizio chiacchiera brevemente con il pubblico. Presenta la storia e chiede aiuto, a chi ne avesse voglia, per ricoprire alcuni ruoli di comparse: i due fratelli di Fortunio, un contadino, una pastorella, due cavalieri… Affidàti questi ruoli, si parte. Il Narratore inizia e subito gli tocca anche di dover interpretare il vecchio mugnaio. Per lui, a questo, seguiranno poi anche altri personaggi secondari… Infine, ad uno ad uno, arrivano gli altri attori e personaggi principali: Fortunio, il Gatto e la Principessa. Il Narratore diventa la guida per il giovane pubblico. Li chiamerà a dialogare con Il Gatto. Sarà l’artefice dei piccoli cambi di scena. In lui anche la voglia di svelare ai ragazzi i segreti del giocattolo teatro. Mostrerà come si possa usare la fantasia per costruire una scena in modo semplice: un prato, il lago, il castello dell’orco… Il nostro è un teatro d’attore. Pochissimi gli elementi di scena. La musica, quasi sempre presente, cattura anche i più piccini. Così come la dinamica delle azioni. Molti quadri sono stati costruiti su improvvisazione con gli attori: un esempio su tutti la lezione di Galateo che Il Gatto (nel nostro spettacolo si tratta di una Gatta) impartisce al buzzurro Fortunio perché possa presentarsi degnamente a corte

domenica 4 dicembre
Lunaria
LA FAVOLA DI FRYA
Tecnica Teatro d’attore e burattini a guanto e a bastone
Regia Margherita Smedile e Isolina Vanadia
Creazione di burattini, drammaturgia e scenografia Laboratorio DArt
Animazione dei burattini Serena Dascola, Alessandra Licata
Accompagnamento musicale Pierpaolo Cimino Destinatari Durata: 45 minuti

Lo spettacolo La favola di Frya è ideato e prodotto dal Teatrino di Lunaria. Lo spettacolo di burattini a guanto e a bastone “La favola di Frya” racconta le fantastiche avventure di Frya e delle sue metamorfosi da dea della pioggia a modella di un famoso pittore di Parigi. Il racconto è un’originale creazione del laboratorio DArt gestito dalla cooperativa Lunaria. Kaù, dio del sole, con un raggiro creerà un disastro ambientale (la desertificazione) che farà fuggire Frya, dea della pioggia, in cerca di una nuova casa dall’Africa, alla foresta di Camaro a Parigi. Attraverso effetti speciali di luci e suoni e formule magiche, Abechechè, dio della luce, cercherà di riportare la sorella Frya a casa. La storia, ambientata negli anni trenta del secolo scorso (forse…) accanto ad elementi e personaggi divertenti e fantastici accenna a un personaggio storico, il pittore Balthus. Il Teatrino di Lunaria è una compagnia teatrale integrata – nel laboratorio DArt operano alcune persone disabili – fondata a Messina nel 2012 da Lunaria cooperativa sociale

lunedi 26 dicembre
Compagnia di San Lorenzo
IL CAVALLO MAGICO
Regia di Michelangelo Maria Zanghì
Drammaturgia di Nunzia Lo Presti
Con Manuela Boncaldo, Antonino Anelli, Michelangelo Maria Zanghì

Domenica 8 gennaio
IN VOLO VERSO B-612
da Il Piccolo Principe
con Domenico Cucinotta e Mariapia Rizzo
regia Domenico Cucinotta

Perché scegliere di ispirarsi proprio a “Il Piccolo Principe” nel pensare ad uno spettacolo destinato ai ragazzi?
Perché è un libro dedicato ad un adulto quando era bambino. Durante le nostre esperienze di lavoro con i bambini ed i ragazzi delle scuole elementari e medie inferiori, il momento più complesso è stato quello del primo approccio, dell’incontro, della scoperta di avere, nonostante la differenza di età, un linguaggio ed un cuore comuni. Il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza è un mondo misterioso, che ogni individuo ha vissuto, ma che sembra aver dimenticato quando ha deciso (o è stato costretto a decidere) di essere diventato grande.
Sembra un passaggio senza interregno, ma non è così. Il terreno neutro esiste ed è talmente semplice da essere ignorato: la poesia..
Nel “Piccolo Principe” un adulto ed un bambino si incontrano nel deserto, un luogo limite, in cui è possibile il riavvicinamento tra la realtà adulte e quella bambina, un luogo in cui ogni ottica quotidiana è inutile e l’inversione è possibile.
La realtà si può guardare da un’angolazione dimenticata: quella di chi è abituato al piccolo, al lineare, al singolare (un pianeta che può ospitare un solo abitante, la necessaria lotta contro i baobab, un fiore creduto unico in tutto l’universo) ma è costretto a scontrarsi con il macroscopico, con l’ artificiosamente complesso, con il molteplice indifferenziato. E’ un miracolo per un adulto potersi trovare di nuovo a guardare con occhi capaci di una poesia semplice ed istintiva e potere pensare di nuovo con una mente che segue la logica del cuore.
Il «Piccolo Principe» ci è sembrato un fertile terreno d’incontro tra adulti (ma siamo poi così adulti?) e bambini (ma sono davvero solo bambini?) alla scoperta di cosa sia questo »essenziale invisibile agli occhi ma visibile al cuore», attraverso la messa in scena di una favola che non parla per metafore, ma semplicemente propone un altro modo di guardare ai fatti.
Non si tratta di voler tornare bambini, si tratta di ricordarci costantemente che l’essenziale è visibile solo al cuore e di cercare continuamente l’essenziale  che ogni altro cuore riesce a vedere.

Domenica 26 febbraio
Teatro dei Naviganti
La storia di Pinocchio
spettacolo per attori e burattini dal romanzo di Collodi.
con Mariapia Rizzo, Stefania Pecora, Orazio Berenato
regia: Domenico Cucinotta

«Come ogni individuo è composto di parti che si contraddicono, ogni grande libro comprende in se’ molti strati o molte anime, che talvolta si ignorano a vicenda. Possiamo leggere Pinocchio sia come una crudele storia realistica, sia come una storia esoterica. Chi comincia a scrivere una favola per bambini, non immagina mai dove finirà per giungere».
Pietro Citati
Ciò che per noi è certo è che «Pinocchio» rimane una delle più grandi composizioni fantastiche della storia della letteratura. Una favola intrigante che travolge in un vortice di incredibili avventure dal sapore a volte esoterico e misterico, certo, ma dall’anima sinceramente bambinesca. Il burattino di Collodi è un monello senza confronti, un eterno fuggiasco, un piccolo avventuriero che non cessa di commettere errori, ma che riesce a superare tutte le prove che lo condurranno al cambiamento, alla mutazione in essere umano. Pinocchio non è solo un bambino che diventa grande, è un essere umano che lotta per scoprire un’altra parte di se’.Come sempre il Teatro dei Naviganti propone uno spettacolo tratto da una storia che unisce il divertimento alla riflessione. La novità di questo spettacolo consiste nella compresenza di attori e di burattini. Una scelta quasi metateatrale rispetto al tema della favola, ma soprattutto una nuova sfida lanciata per il divertimento dei bambini, affinché l’atmosfera di una giornata di teatro li coinvolga al massimo, come coinvolti saranno dagli attori e dagli altri protagonisti dello spettacolo

Domenica 19 marzo
Compagnia Anatolè
Piccoli miti di mare
Dalla tradizione mitologica e popolare
Con Valeria Alessi, Romana Cardile e Mariachiara Millimaggi
Costumi a cura di Romana Cardile
Interventi musicali a cura di Mariachiara Millimaggi
Regia di Valeria Alessi

Domenica 23 aprile
Teatro dei 3mestieri
MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER BOOMERS
con Stefano Cutrupi e Mariapia Rizzo