DORA IN AVANTI
DORA IN AVANTI
19/20 novembre
Teatro Primo
DORA IN AVANTI
di Domenico Loddo
con Silvana Luppino
regia Christian Maria Parisi
La vicenda si svolge nell’immaginario cortile dei ricordi d’infanzia della protagonista. Dora, in questo monologo “patafisico e interattivo”, racconta di sé per parlare del mondo, in un’altalena emotiva che va avanti e indietro nel tempo e con quella si aiuta a tornare nel suo passato, proprio nel punto preciso in cui il suo mondo è precipitato. La sua inerzia sacrale nasce li, da una spinta mancata, che in qualche modo l’ha sconfitta e l’ha arresa, costringendola in una specie di eterno fermo immagine: lo sguardo di bambina perso in tutto quel futuro che non sarebbe poi stata capace di viversi. In scena oltre all’altalena, un baule ed una scultura bucolica in stile ShadowArt, pochi elementi che non arredano la storia, piuttosto ne chiarificano le traiettorie drammaturgiche.
Questo testo è un gioco. Al centro di questo gorgo troviamo lei, Dora Kieslowsky, che è la protagonista di questa storia, ma ne è anche l’antagonista, come pure, ad un certo punto, ne diventa persino drammaturga e regista. Dora sta ferma, perché e la cosa che più le riesce meglio. Dora sta ferma eppure va avanti e indietro con la sua altalena, va avanti e indietro nel suo racconto. Forse non sa neppure cosa dire, ma lo dice bene. Usa una canzone come macchina del tempo, e con quella si aiuta a tornare nel passato, nel suo passato, proprio nel punto preciso in cui il suo mondo è precipitato. La sua inerzia sacrale nasce li, da una spinta mancata, che in qualche modo l’ha sconfitta e l’ha arresa, costringendo la sua esistenza in una specie di eterno fermo immagine. Ed è ancora li, la nostra piccola Dora. Ferma. Lo sguardo di bambina perso in tutto quel futuro che non sarebbe poi stata capace di viversi. Dora ha fallito come figlia, come moglie, come madre. Dora non è altro che uno specchio: è la cartina di tornasole delle nostre sconfitte, la somma di tutti i nostri fallimenti. Perché dietro la dolorosa finzione della sua esistenza c’è una cosa che ci riguarda tutti da vicino: la vita vera.
Dora, in questo monologo teatrale “patafisico” e “interattivo”, racconta di sé per parlare del mondo, in una altalena emotiva che va avanti e indietro nel tempo, sospesa com’ è tra passato e presente.
E proprio l’altalena è l’elemento centrale di questa messinscena.L’attrice dunque, che guida il pubblico nella dislocazione degli eventi e nel ricordo dei personaggi che li caratterizzano; in linea con questa idea di regia, il percorso narrativo dettato dalle luci e dalle proiezioni che accompagnano il viaggio immaginario di Dora nel “suo” spazio-tempo. In un’ora di spettacolo succedono così tante cose che a un certo punto ti sembra di conoscerla da sempre, quella donna un po’ pazza e un po’ disperata, perché in certi punti sembra che parli di te, che sveli quel tuo segreto mondo doloroso che ti porti dentro, al quale tu non daresti mai voce perché già ti fa male il solo pensarlo. Dora lo pronuncia in scena, tutto quel dolore, sconfitta eppure ancora piena di dignità, e forse pronunciandolo non salva solo se stessa, ma anche ognuno di noi.